L'umanizzazione della curva - Mario Ursino

Solitamente nel processo di astrazione, gli artisti, parendo dal dato reale, si propongono di raggiungere una nuova e diversa oggettività, con l'espressione di altre forme, inedite e assolutamente personali, nelle quali il ricordo della realtà permane solo come vago spunto psicologico o concettuale e, in taluni casi, arriva addirittura a sparire.
Nelle opere di Paolo Marazzi, invece, questo processo stranamente viene ad invertirsi; per lui il campo della percezione è l'astratto, la forma pura, primigenia, o cosmologica se si vuole, proprio come l'artista stesso ha più volte dichiarato: "all’inizio riempio di segni infiniti fogli di carta dall'apparenza indecifrabili…"
La partenza perciò da "segni infiniti", nel suo caso soprattutto la curva, costituisce per Marazzi ciò che per Cezanne era il paesaggio, per Picasso la figura umana, o per Brancusi l'illimitato espandersi di forme naturali.
L'espressione curvilinea nelle arti, come è noto, è propria dell'età barocca nella quale l'enfasi e la sublimazione dell'idea del movimento trova la sua massima percezione nelle rappresentazioni concave, convesse, ellittiche e circolari, divenute tipiche nelle opere di un artista del nostro tempo quale è Marazzi ma Marazzi non è barocco né neo-barocco.
Tutt'altro. Marazzi discende sì da maestranze attive nella Roma del XVII secolo nell'ambito di botteghe berniniane (egli stesso lo tiene a precisare), ma opera in una direzione completamente opposta; egli riduce nell'assolutezza di fondamentali linee (la curva, la retta) il concetto e l'idea stessa dell'uomo attraverso un astrattismo plastico mai fine a se stesso. Ma neanche si configura come "minimalismo" come, a prima vista, potrebbe sembrare.
Trattasi invece di semplificazione dovuta alla ricerca di un'ulteriore esigenza di comunicare il mondo con il mezzo e la sostanza di cui è fatto: la pietra innanzi tutto (l'amato Lapis Albanus delle antichissime cave di Marino, alle quali hanno attinto altri illustri predecessori dell'arte contemporanea come Guerrini, Calò e il suo maestro Umberto Mastroianni), e poi il marmo, il travertino e il bronzo. Su queste materie l'artista segmenta, con mano "ferrea" (secondo la nota definizione di Mastroiannni), arrotonda, scava sia in scala monumentale che nella scultura d' atelier.
L'uso della linea, in senso umanistico, lo troviamo anche in un altro grande artista-architetto del Novecento, Le Corbusier, il quale senza rinunciare alle semplificazioni del "funzionalismo" lo adatta invece alle esigenze dell'uomo, consistenti appunto nel vivere nella luce e possibilmente in vista del paesaggio: questa è la vera funzione.
La semplicità della linea assolve quindi ad un uso pratico (la casa-oggetto) in Le Corbusier, e a un valore di comunicazione (la scultura-simbolo) in Marazzi; si osservi al riguardo Abbraccio, 1977, Uomo Cosmico, 1979 o il bozzetto All'Uomo, costruttore di pace, 1987, in cui le forme si protendono nella straordinaria sintesi di curve e rette, racchiudendo nelle sue sculture energia e pathos umano. Questa energia, però, non nasce da un processo biomorfico come nelle opere di Arp o di Moore, le cui forme astratte producono veri e propri coaguli della materia trattata che resta pesante e silenziosa nella sua austera monumentalità.
Nelle sculture di Marazzi, invece, l'energia è data dall'effetto di velocità delle curve che si avvitano negli spazi vuoti ad accentuare la semplicitità del disegno, secondo il dettato "futurista" da Balla a Mastroianni.
E questa dinamica nella pietra o nel marmo scolpito, il Marazzi l'aveva cercata, ancor prima che nella poetica del futurismo, nelle opere del barocco romano e berniniano (il Colonnato di San Pietro, la Veronica, la Statua Equestre di Costantino, e nella più concitata scultura classica conservata nel Vaticano: il Lacoonte).
Depurata perciò da enfasi e da retorica, la scultura del Marazzi recupera dal passato e dall'antico l'immutabile carica energetica, in ogni opera d'arte che si propone di comunicare autentici valori umani, con l'uso ripetuto della linea curva simbolo di pace e dell'abbraccio universale.

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