Focus su Paolo Marazzi - Antonio Carlo Ponti

Paolo Marazzi è uno scultore. Questo il dato certo dal quale partire per qualsiasi approccio alla sua opera d'artista. Uno scul-tore, mi si passi il gioco, a tutto tondo, e la cui modulazione plastica s'inscrive sì nel segno della figurazione e della iconicità per dir così naturali, ma dentro pulsioni assolutamente moderne.
Uno scultore che a vent'anni insegue il mito della forma e del-l'imitazione del reale ben fatta, a regola d'arte, quindi si sposta, sull'onda delle suggestioni "di scuola", a spezzare l'armonia, a immettere una punta di caos nell'ordine formale, frantumando spazi e piani-sequenza, mentore Mino Delle Site, una delle ultime strenue sentinelle del credo futurista. Poi viene l'Accademia sotto la guida di Pericle Fazzini- che a Santa Maria degli Angeli di Assisi ha il suo minuto museo e che è stato amico e maestro di Aurelio de Felice, scultore e pittore umbro di pregio, quindi il sodalizio con Umberto Mastroianni, anch'egli nato in quella fortunata plaga laziale, che gli fa scoprire la pietra dura, il peperino di Marino, città incantevole che è la sua piccola patria.
Scultore, allora, nulla questio. Assuefatto alle altezze delle statue monumentali, al lavoro di gomito e di avambraccio, di polvere e di scalpello, insomma scultore a levare, Paolo Marazzi.
Sorprende dunque piacevolmente la cattura e la conversione alla ceramica, tecnica dolce e duttile, ordita a Deruta da Alviero Moretti nell'atelier de "L'Antica" , dove l'artista si è trovato non solo in mezzo ad amici e a maetranze impareggiabili, ma davanti alla creta che, nel suo grigiomanto sembra sempre ti guardi invitan-doti, con tacito cipiglio, a frantumarla, a sbatterla, a modellarla, a cuocerla, a dipingerla, in un trionfo di sadismo d'artista e di masochismo di materia.
No, bando alla celia, il fatto è che lo scultore Marazzi non ha tra-dito, pur colorando sbizzarrendosi e divertendosi il biscotto, la propia origine, la propia vocazione aggettante e scabra, ha continuato in coerente destrezza a essere se stesso, un "mago" della forma, per così dire prestato all'argilla, con esiti sicuri e fermi.
Una serie di pannelli in bassorilievo scattanti, sobri, lievemente istoriati dalle sottili linee di forza futuriste, in combinazioni ardite e insieme tradizionali, una decorazione alta innestata su superfici lavorate " a mano" con perizia di mani dotte.
Dall'apporto sapiente di Paolo Marazzi, la Collezione di Alviero Moretti esce davvero arricchita, nel dare ancora una volta l'esempio di come la ceramica d'artigianato e seriale debba essere sconvolta dai "gesti rivoluzionari" degli artisti, con gli unici capaci di mettere a ferro e a fuoco il fuoco creatore dei forni di De-ruta.

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